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XXXVI

A Bernardo Castello

Dá conto di alcuni componimenti che raccoglierá in un volume, suggerendo al Castello alcune illustrazioni pittoriche.

Le molte occupazioni, che mi hanno tenuto oppresso fin da quel giorno che V. S. parti di Roma, non mi hanno lasciato tanto respirare ch’io abbia potuto riverirla per lettera. Ben l’assicuro ch’io non mi scordo di lei né di quanto debbo alla sua gentilezza.

Le poesie, che V. S. disidera intorno alle opere del suo valore, spero che assai presto saranno da lei e da tutti vedute publicamente nelle stampe, ancorché sieno picciole scintille dch’affezion che le porto. I poemetti ch’io mandai in Vinegia hanno avuti moltissimi intoppi per conto degl’inquisitori che vorrebbono castrarli. Ma credo che mediante l’auttoritá dell’ illustrissimo signor cardinale Aldobrandino mio signore sieno a quest’ora superate tutte le difficoltá, e forse a novembre saranno impressi. Ma poiché V. S. disidera saper gli argomenti per potere essercitare gli uffici della sua cortesia e i miracoli della sua mano, ubidirò a’ suoi comandamenti.

Saranno adunque questi :

L ’Adone, il quale è diviso in tre libri. Il primo contiene l’origine dell’ innamoramento fra la dea e ’l giovane; e qui potrebbe entrare una figura di Adone addormentato in un prato, con la faretra appesa ad un arbore e i cani a’ piedi, e la dea che gli sta sopra in atto di vagheggiarlo. Nel secondo si raccontano gli amori e i godimenti dell’uno e dell’altro; e vi farebbe a proposito la figura di Venere e di Adone che stanno trastullandosi in un boschetto abbracciati insieme, overo in atto di stare ascoltando gli uccelli che vengono a mover lite innanzi a loro. Nell’ultimo si narra la caccia dell’infelice giovane e la sua morte, col pianto che fa la dea sopra il corpo dell’amato.

Havvi poi il Polifemo cieco. E qui si potrebbe fare l’immagine dello stesso ciclopo in atto di tirare un sasso ad una nave che fugge.