Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/78

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cancellarsi dalla mente una tenace impressione che fusse mio, iva per tutto sbuffando e con tutti lamentandosi di me. 11 che certo mi spiacque forte, si perch’io prevedeva poterne nascere qualche disconvenevolezza, come perché il risapersi solo ch’io avessi presa gara col Murtola stimava non potermi portar punto d’onore. Onde, per troncar da radice questo germoglio ed estirpare la feconditá di quest’idra, mi disposi di placare il suo sdegno ed acchetare le sue doglienze, e gli feci in mio nome dal signor Lodovico D’Aglié offerire tutte quelle onorate sodisfazioni che lo potevano e dovevano appagare; ma egli, ambizioso di sparger fama d’esser mio competitore, non solo ricusò il cortese partito, ma piú e piú iva d’ora in ora contro di me con gli amici moltiplicando le maledicenze e le querimonie.

Veramente con voler concorrer meco egli dimostrò di riputarmi assai piú ch’io non sono, e con reputarmi tale pensò potergli per avventura avvenire quel che avvenne all’uccelletto che per volare in alto montò sopra le spalle dell’aquila, overo al ranocchio che disfidando la volpe al corso le si attaccò all’estremitá della coda.

Ecco la prima origine di tutti quanti gli accidenti che sono poi in si fatta materia di mano in mano seguiti. Ed ho voluto cosi minutamente partieoi areggiare a V. A. il filo di questa istoria, perché ne abbia distinta informazione e sappia che chi d’altra guisa la racconta ragiona o per passione di parzialitá o per ignoranza di fatto.

Trafitto io adunque allora da qualche puntura di stizza, applicai, noi niego, l’animo allo stile berniesco, dal quale buon tempo fa mi era del tutto ritirato; e mi uscirono, il confesso, di mano parecchi sonetti non giá maledici ma scherzevoli , accioehé si vedesse ch’io di lui mi rideva. Ben egli è vero ch’io fui da molti prudenti e giudiciosi uomini persuaso a non degnarlo di tanto, ma a fare che il suo flagello fosse solo il silenzio e il castigo la dissimulazione. E nel vero io sapeva che il piú efficace antidoto della invidia è il disprezzo, e che le cicale importune si vogliono lasciare scoppiare al sole e i cani rabbiosi abbaiare alla luna. Ma dissimulare non può tanto un