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LETTERE E DEDICATORIE 8l

ma non espugnata? combattuta ma non abbattuta? e che, per molto che dalle umane tempeste agitata vada a fondo, finalmente riviene a galla? Non piacque al cielo di darmi animo cosí basso e pensiero cosí vile che sapesse piegarsi a tanta indignitá, e chiamo lo stesso Iddio in testimonio se mai la mia còlerá trascorse tant’oltre ch’io gli desiderassi male o nella fortuna o nella vita o nell’onore. Né io per me ebbi giammai vaghezza di studiare l’arbore della sua stirpe, né curiositá d’intendere la genealogia del suo legnaggio, né so s’egli abbia o sorelle o fratelli, né quanti né quali né dove essi si sieno. Stimo bene che, quando egli n’abbia, sieno onorati; e non occorre ch’egli, in negozio dove d’altro si tratta, vada cercando d’ interessargli.

S’egli, ritorcendo in me il principio d’ogni male e riversando sopra le mie spalle la colpa, protesta ch’io l’abbia irritato con poesie tanto obbrobriose e mordaci, perché non verifica questa sua querela? Dove sono queste scritture? chi l’ha da me avute o sentite? chi le tiene? quando sono state vedute? come non vanno in volta con l’altre? perché non le mostra? Io, in quanto a me, infin da quest’ora mi dichiaro infame e mi constituisco reo di qualunque vituperosa pena, se mai apparirá uscito di mia mano altro scritto che quelli i quali si sanno e ne’ quali cosa non ha, per mia stima, che potesse in altrui destare il sentimento dell’ira non che il risentimento della vendetta. E se pure sparsa vi si ritrova qualche paroletta, la qual tiene dell’acerbo e potrebbe per aventura parer piccante e pungente, si vede però ch’ella è detta per gioco e non per onta, e che son piacevolezze ritrovate per condir la burla e non per disonorarlo.

Veggansi le mie scritture, leggansi le sue; e sia giudice chi che sia qual di noi due dovev’essere piú legitimamente obligato a vendicarsi col sangue, o egli o io. Quelle sparse di fiele e di tosco, queste di scherzo e di riso; quelle piene d’infamie aperte e d’ ignominie arrabbiate, queste di capricci poetici e di metafore piacevoli. Ma perché V. A. vegga che queste sue son folle e finzioni assai fievoli e di niuna sostanza, ecco, senza lasciarne pur una, tutte le cose quante mai in si fatto suggetto ne feci. So che soverchio ardimento è il mio offerire a tal prencipe cose

G. B. Marino, C. Achilia ni e G. Prkti, Lettere - 1.

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