Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/94

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Scrivo al signor Cerati ed al signor Zurlini. Vorrei ch’ Ella ne facesse lor motto, perché le lettere non si smarriscano. Ma perché quella che va al signor Schidoni mi preme, ho voluto indrizzarla a lei perché la ricapiti di sua mano.

Ho veduti i due sonetti di V. S., l’un grave e l’altro berniesco, ma l’uno e l’altro pieni di spirito e di vivacitá. Ma in quanto a quella parte dove in essi si è compiacciuta di lodarmi, non posso se non ringraziarla di vivo cuore e procurar di meritare questi favori con l’amore se non col valore. Basta: V. S. troppo mi onora ed io le son troppo obligato. Cosi potessi in parte disobligarmi col servirla! Ma non lo spero. E come potrei farlo con le forze in cosa di maggiore importanza, se non posso con l’ingegno in cosa di cosí picciolo rilevo come è un sonetto? Credami che piú volte mi son provato per ubbidirla, ma tutti i capricci poetici mi son fuggiti di testa al romor dell’archibugio. Le muse son come gli usignuoli, i quali, mentre stanno cantando sopra un’arbore, se sentono lo scoppio del cacciatore, sbalorditi dalla paura scampano via e non vi ritornano a trescar per un pezzo. Con tutto ciò non lascerò di riprovarmi e di ritentar l’ultimo sforzo, né sono in tutto fuor di speranza che debba riuscirne l’efTetto, tosto ch’io mi sia raccolto in me stesso. Intanto se meritai compassione nell’esser assassinato, dovrò meritar perdono nell’essere svogliato.

V. S. saluti in mio nome tutti cotesti signori academici e mi serbi vivo nella sua memoria.

Di Torino [febbraio 1609].

LIV

Al cavalier Andrea Barbazza

Intorno allo stesso argomento.


Manda un «cartello» scritto pel duca di Nemours.

Veramente io confesso di dover non meno alla memoria che V. S. serba di me ed al zelo che mostra della mia salvezza, che alla protezione della fortuna che con particolar privilegio