Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. I, 1911 – BEIC 1872860.djvu/95

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mi liberò da si grave pericolo. Affetti di vero amore ed effetti d’infinita cortesia, de’ quali si come sommamente mi glorio, cosi affettuosamente la ringrazio. Son vivo, signor Barbazza, e godo piú di vivere nella grazia di V. S. che nella luce del mondo; e credami che vive un suo servidore, prontissimo a spendere in suo servigio questo avanzo di vita con quel fervore di volontá che si richiede a tante obligazioni. Io pensava di venire in persona a servirla ed a godere le delizie del carnevai bolognese, ma questo disturbo mi ha impedito. Delle mie poesie non ho che mandare a V. S., perché tutti i pensieri poetici mi son fuggiti di capo al romor dell’archibugio. Le muse son come gli usignuoli, i quali, se, mentre stanno a cantar sopra un’arbore, sentono lo scoppio del cacciatore, sbalorditi dalla paura non vi tornano a trescar per un pezzo. In ogni modo mi è stato forza, ad instanza di questi serenissimi principi, ne’ giorni passati schizzar parecchi strambotti e cartelli con l’occasione d’alcune feste. Ne mando alcuni a V. S., cioè quelli che si son potuti avere, avertendo però che fra questi non ve n’ha se non un solo fatto da me, ed è quello che vedrá scritto a lettere rosse, il quale servi per la quadriglia di S. A. in risposta a quello del signor duca di Nemurs, che fu il mantenitore. Desidero che sia veduto e giudicato dal signor conte Ridolfo e dal signor Acchillini, ma come cosa fatta in furia e fuor d’umore. Intanto a V. S. e al signor Alessandro bacio con ogni riverenza le mani.

Di Turino [febbraio 1609].

LV

Al signor Giovan Battista Ciotti

Accusa ricezione di un quadro e ne domanda un altro del Malombra.

Le scrissi alcuni giorni sono ch’io qui non poteva aver notizia del quadro mandatomi, pregandola a farne diligenza costi. Ora le dico che tre giorni fa io 1’ ho giá ritrovato per gran ventura, perché era in potere d’un certo Rada, a cui era stato giá consegnato dal barcarole sedici mesi fa.