Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/113

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e dall’altra due bellissimi quadri, uno di san Gregorio Maggio protettore dell’accademia, e l’altro di una donna o dea nella quale artificiosamente si esprime la stessa accademia. E questo è opera nuova, fatta a posta per le esequie dal Sementi, pittor anch’egli famoso.

Il luogo fu pieno di gente concorsavi d’ogni sorte, ma fu onorato poi della presenza del signor principe Maurizio Cardinal di Savoia, gran mecenate di virtuosi in questa etá, de’ signori duchi di Alcalá e Pastrana, ambasciatori del re cattolico (se bene questi stessero in disparte e come non conosciuti), e di buon numero di vescovi e altri prelati e signori, come de’ monsignori Querengo, Ciampoli, Lauro, Candido, Mascardi, Alessandro Tassoni, Ridolfo Boccalini e altri di questa tacca d’uomini.

Tale fu l’apparato, che invero destava negli animi dolor e compassione infinita, percioché per mezzo di esso si rinovava la memoria della perdita di si grand’uomo; onde areste anche sentito nel mormorio della moltitudine fra dolenti voci le commendazioni del cavalier Marino, e a deplorarsi da alcuno la sua morte con simili parole:

Or piangi, Roma, e tronca il lungo crine; piangete, logge...;

dappoiché quella rea che ’1 mondo sgombra fa di si cari pregi empie rapine.

Ma non perdiamo il filo. A questa nobilissima raunanza espose il signor Girolamo Rocco da Cosenza con elegante orazione le lodi del poeta, diffondendosi, per le azioni, vita e morte di lui, quanto era di mestieri e conveniente al luogo, al tempo e all’espettazione di chi le sentiva. Finita l’orazione, il signor Antonio Sforza da Monopoli discorse latinamente, con un dir affettuoso e ardente, sopra il problema proposto: Perché gli antichi ne’ mortori si tagliassero li capelli. Sopra il quale doveva discorrer anco il signor Girolamo Brivio, uno degli assistenti dell’accademia; ina, restando da leggersi le composizioni, non vi fu tempo. Mi ha però egli favorito d’una copia del suo discorso; e io la mando a voi accioché lo gustiate leggendolo, come ho gustato io quello del signor Sforza sentendolo. Dopo il discorso del detto signor Sforza il signor conte Giuseppe Teodoli, pur assistente, e il medesimo signor Brivio lessero quegli un sonetto e questi un madrigale, seguendo altri a recitar altri componimenti, vari elogi, epitafi, sonetti e madrigali; e furono li signori Domenico Benigni,