Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/134

Da Wikisource.

XXVIII

Al cavalier Battista Guarini


R isposta alia precedente lettera.

In quel tempo ch’io dovea rendere affettuose grazie a V. S., la quale, avendomi porta occasione di servirla, avessemi dolcemente aperte le porte alla sua grazia, ho sentito dalla sua non meno ingegnosa che cortese lettera, piena di lodi, d’offerte e di ringraciamenti, raddoppiarmisi gli effetti della sua gentilezza in guisa tale, che dal centro della sua benignitá m’è convenuto cavare amari sensi del mio mancamento. Onde, immeritamente favorito ed a ragione confuso, non saprei ora che risponderle altro se non che sommamente mi pregio ch’essendo stato il mio sonetto un aborto d’infelice ingegno sollecitato ad immaturo parto da una violenta volontá di servire a V. S., mi sia poi riuscito cosi fecondo producitore della grazia di lei e delle lodi che me ne dá; lodi che riconosco piú tosto dalla sua cortese volontá che dal suo severo giudicio; il quale, chiudendo in se stesso tutte quelle perfezioni che possono imaginarsi, so che non potrebbe, se non affascinato dalla gentilezza, prorompere in quelle lodi verso un parto cotanto imperfetto. Se ho differito sinora il risponderle, la sua mercé, ascrivasi il diffetto ad una maschera e non a me. Il quale, per fine, facendole umilmente riverenza, me le offero con tutta l’anima.

[poco posteriore alla lettera precedente].

XXIX

Ad Pandulfum, Ferrariam


De immani praesentis aestatis ardore.

[Da una villa presso Ferrara, estate del] 1615.