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LXI

Al conte Ridolfo Campeggi


Ne loda il poema: Le lagrime della Vergine.

Gli uffici di cortesia usciti dalla penna di V. S. non possono mai giunger tardi, poiché trapassano sempre tutte le mete e tutti i segni degli altri. Gliene rendo grazie affettuosissime, e riconosco le lodi che mi scrive per parti felici del suo fecondissimo ingegno piú che per titoli convenienti al mio sterilissimo talento. Il principio mio fu ben di leggi, ma vivo senza legge addolorato per esser lontano dalla conversazione degli amici e padroni, e particolarmente del mio conte Ridolfo, il quale, essendo l’anima della poesia, fa che in questa lontananza io resti un cadavero poetico. Se non che al presente parmi di risorgere, alle rugiade vitali di quelle Lagrime della Vergine , che m’ha inviato. Si bella cosa ho io quasi tutta trascorso. Non so che dirmi. So bene che, se dicessi qualche cosa, la direi sinceramente ed ingenuamente. Questo stile è ripieno di quella poetica puritá che veramente si richiede a tal matteria, ed è libero da quelle moderne novitá, che, per qualche raggio d’accidental bellezza che possono vibrare, tolgono molto di credito al serio di quella sentenza che si tratta. E, quanto a me, stimo che cose tali siano le comete della poesia. Ch’essendo le comete, quasi dirò, stelle addottive e lumi adulterini, anzi false gemme del gran cerchio del cielo, tali riescono apunto le smoderate novitá e i troppo arditi trasporti dei compositori di questo tempo: li quali, invece di seminare le cose loro di lumi nobili e pelegrini, vanno da lontanissimi luoghi addottando splendori adulterini per poetici figlioli degli ingegni loro; ma alla fine poi, procurando col solo strale della elocuzione d’invaghire e di cattivar gli occhi del senso, a pena arrivano con la loro merce su la porta dell ’intelletto, che, ricercatane internamente la sustanza e non ritrovatevi che spoglie e lisci, sono ributtate e dannate aH’oblio. Mentre d’altra parte le stanze di