Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/186

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costumi. Quanto al primo talento, gli applausi ch’egli ha riportati questa quadragesima da questo pulpito de’ Servi, dove concorreva a torrenti il popolo stupefatto e attonito, ne fanno si viva fede che le sue glorie viveranno perpetuamente nelle lingue, nei cuori, nella memoria, nelle penne e nella maraviglia che ne fará la nostra posteritá. Quanto assecondo, egli è regente celebratissimo dello stesso monasterio, né vi dirò altro se non che gli emoli stessi l’essaltano e quasi l’adorano, né mai di lui ragionano senza innarcare il ciglio; e ’ntanto il suo valore (dirò quasi) sotto quegli occhi gloriosamente trionfa, e questa cittá quante volte fuori delle solite lezioni l’udi nei circoli, altre tante corone d’immortalitá gli pose in capo. Del terzo poi, credetemi che ingegno piú innocente io non potea presentarvi innanzi. Egli desidera d’esservi amico. Io con fedelissime parole non potea fabricare piú giuste catene di queste per legarvi con lui. Abbracciatelo, ché io vi bacio le mani.

[anteriore al 1626].

CXI

Al medesimo


Lo invita con lui in campagna.

Dalla piú dura montagna forsi dell’ Apenino spicco un tenerissimo saluto e ve l’invio su questa carta, invitandovi alla tranquillitá di quest’aure, alla dolcezza di questi colli che con riverenza umile s’inchinano alla sacra fronte del Gran Sasso; invitandovi, dico, a godere il nettare di queste viti, la piacevolezza di questi piani, i dilettosi orrori di questi rivi, la vaghezza del picciol Reno, che fa, col suo lucido e povero tributo, specchio gentile all’amenitá di questa piaggia. Qui prenderemo diletto col tendere mille insidie agli augellini, col adescare i vaghi pesci, col cacciare le timide lepri, col trattenerci leggendo, giocando, discorrendo a quest’ombre grate. Lungi intanto l’ambizioni che vivono costi fra li regali alberghi, lungi l’invidie, le passioni, i travagli dell’animo; ché la gioconditá di