Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/213

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In un altro luogo della medesima lettera, se ben mi ricordo, voi mi richiedete ch’io vi scriva come io in questa villa me la passi nei presenti travagli. Io vi rispondo che tutta questa estate io sono stato occupatissimo intorno alla fabrica d’un picciol tempio dedicato a sant’ Apollonia mia protettrice, dalla quale e ho ricevuto e spero favori e grazie particolari ; e fuori di questa occupazione io mi sono dilettato degli orrori solitari di questi boschi. Oh come nobilmente si conversa nella solitudine e quanto s’illustrano l’anime fra quest’ombre! O Dio, perché non ho parole bastevoli ad esprimervi questa veritá? Qui, sollevandosi l’uomo in Dio, sente nel sollevarsi cadérsi d’attorno tutti gli affetti del mondo; e sollevato poi, contempla il vero tutto della vita celeste, e s’accorge del puro nulla delle felicitá terrene. Quivi si concentra lo spirito nel suo Fattore e di beata tenerezza sente disfarsi, né per altro si disfá che per potere piú intimamente penetrare in lui; e se soverchio è l’ardire di cotanto inoltrarsi, egli con la gloria il castiga. E in queste perdite estatiche di se medesimo trova lo spirito le vere caparre della sua salute. A si stretti cancelli ed a si beate angustie ridotte l’anime nostre, prendono in mano la penna della fede, ed infondendola nelle stille del proprio sfacimento sotti .scrivono agli occhi della creazione, ed intingendola nel sangue del Redentore riconoscono le grazie della redenzione, e bagnandola infine nelle lagrime della propria dolcezza fanno al lor Signore una ricevuta di quei saggi che godono della futura glorificazione. Ma perché queste cose meglio s’intendono con le mute sperie ize che con le pompe delle parole, e perché io so di scrivere ad uno che forse piú di me le sperimenta, io passo ad altro. E tratanto non vi paia strano che in una lettera famigliare si leggano questi tratti predicabili ed apostolici, perché in tempo di tanta mortalitá, nel quale stanno aperte le cataratte del cielo e ne diluviano castighi e si veggiono spalancate le viscere della terra per ricever Tossa di tanti fulminati, opportuna cosa è il pensare al suo fine e ’l convertire ogni occasione o di scrivere o di ragionare ai fini dell’eterno profitto.

L’altro tempo che m’è avanzato in queste selve ho dedicato alla Prima secundae del gran Tomaso; ed avendola diligentemente