Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/30

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fra due mesi alla piú lunga vi rivederò in Roma. Per mezo de! segretario del signor ambasciator cristianissimo vi ho scritto un’altra mia con due inchiuse per Napoli, né ora m’occorre soggiunger altro se non che non posso darmi pace degli aguati che tuttavia mi vanno ordendo cotesti buoni spiriti del N. e del N. Che i sonetti non sieno miei, si osservi di grazia lo stile e la maniera; e son sicurissimo che non sará chi voglia stimarmi auttore di cosi brutta ed infame poesia. Iddio mi dia pazienza quanto mi dá lume di poter conoscere le mie imperfezioni. E chi sarebbe piú scelerato e di me piú ingrato, se io, che confesso titoli d’obligazioni con quel signore, gli mostrassi la mia ingratitudine per mezo delle mie carte, che devrebbeno essere tutte piene delle sue lodi? Difendete voi la mia riputazione anzi la mia innocenza, mentre per fine v’abbraccio.

Di Parigi [aprile 1623].

CCIII

A don Lorenzo Scoto


S’ incammina verso l’ Italia.

Questa mattina parto per Fontanablau insieme col signor duca di Guisa che mi mena nella sua carozza; onde, presi gli ultimi congedi dal re, subito m’ incaminerò a cotesta volta. Mi pesa infino al cuore che dubito d’arrivar io a Torino prima che il libro, poiché, non avendo voluto il messaggiero caricarsi del peso di un si grosso pachetto, mi è stato necessario consegnarlo al cocchio ordinario, il quale va a Lione alquanto tardo. Comunque sia, il signor Guinigi so che userá ogni diligenza perché venga quanto prima, ed avertite che vi son dentro otto volumi, avendovene aggiunti altri due per lo serenissimo prencipe Tomaso e per Sua Altezza.

A rivederci fra pochissimi giorni.

Di Parigi [aprile 1623].