Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/302

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Troppo è grande ( come abbia tn detto) la potenza del caso nel formar delle parole, e troppo è ampia la libertá dell’ imaginazione nel dar sensi a quelle. Ché a questo s’ebbe riguardo quando fu trovato quel bel gioco da veglia che si chiama «l’oracolo». Nel qual si fínge uno indovino che risponda alla domanda d’un solo uomo cose alienissime da essa e niente appartenenti; e nondimeno si dá poi cura a tutti i circostanti di parlare ad uno ad uno sopra quella tal risposta lontana, e di tirarla a proposito d’esso domandatore con qualche ingegnosa interpretazione: e cosi in una parola detta casualmente s’investigano quindici o venti intelligenze diverse, e tutte spettanti ed accommodate e convenevoli. Giuoco che, si come diletta molto i grossolani, cosi fa ammirare i savi. Nel qual proposito V. S. si deve ancora rammentare d’aver conosciuto in Venezia quel romagnuolo chiamato il dottor Penna, il quale applicava alla creazion del mondo il testo di qualunque libro gli fusse a sorte aperto dinanzi, scegliendo uno o due periodi di quella tal prosa o di quei tali versi e faccendovi su una giusta lezzione. Nel che alle volte gli venivano dette cose tanto appropriate e tanto quadranti, che di qui gli nacque fama appresso al vulgo d’ indemoniato. Di piú al presente io leggo in compagnia del signor duca di Poli un volume latino d’uno autor tedesco, stampato in Francfort, nel qual s’interpretano tutte le favole piú principali degli antichi gentili con una sola allegoria, cioè la ricchezza della America; fra le quali una è quella, verbigrazia, dell’acquisto che Giason fece del cuoio d’oro, e l’altra è l’espugnazion del giardin dell’ Esperidi fatta da Ercole.

Adunque, essendo le parole umane quasi della natura della camoscia e possendosi agevolmente da’ nostri ingegni stirar per molte vie a diverso intendimento, non sará difetto di quelle qualora sian chiosate ed intese in mala parte, ma sará pura sottigliezza del chiosatore o pura fantasia. Massimamente quando l’ allegorie si formino storpiate e non rispondenti a tutte le membra del parlare ma ad alcune poche, quale è adesso questa di cui discorriamo, la quale invero, siccome non s’accorda