Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/323

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anco ch’esso è accompagnato da malizia. Atteso che, o egli si creda di dire il vero o egli non sei creda, gli conviene in tutti i modi far vista di crederlo per lo grande interesse che vi tiene, professandosi mio nemico come fa. Tanto piú ch’egli è uno di quei due amici a cui il Marino scrive in formola di pistola quella sua licenziosa invettiva, la qual si legge stampata nel principio della Sarnpogna-, dove, insieme col biasimarsi la mia persona in lungo, si biasima essa mia lettera e si vilipende per cosa puerile e per favola.

Bacio a V. S. le mani.

Di Roma, 15 di maggio 1625.

LIII

A Francesco Balducci


Intorno alla Vita di G. B. Marino , scritta dal Baiacca.

Oggi, ch’appunto è il primo giorno di quaresima, io mando a V. S. costi in Montelibretti un libretto da sardelle, intitolato Vita del cavalier Marino ; e facciolo non tanto per darlo a lei quanto per non averlo io. Non odo io giá malvolentieri le lodi date a’ virtuosi dopo la morte, anzi v’applaudo sempre con tutto il sentimento e ve n’aggiungo delle mie; massimamente trattandosi ora del Marino, la cui improvisa morte mi è per molte debite cagioni dispiaciuta in supremo grado, e particolarmente per esser mancato al mio Occhiale quel lettore che piú che gli altri io volea vivo, accioché egli si correggesse e mi diventasse benevolo. Ma questo tal libretto non merita in modo alcuno l’approvazione de’ galantuomini. Questa è una Vita che non avrá vita, ed è una lode che non otterrá lode. Perché, oltre Tesser dettatura ignorantissima e priva affatto d’eloquenza e di grammatica (si come V. S. vedrá mostrato nelle continue postille marginali da me fattevi), ella non è una istoria, ma una favola ed una poesia in prosa; la quale, faccendo la scimia di Senofonte in Ciro, descrive il personaggio non qual era ma quale avrebbe dovuto essere; se bene alle volte confessa anche