Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/350

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esempio, oggidí l’Achillini, le cui Rime sono nel medesimo tempo uscite di torcolo ed uscite di credito. Questa è quella spaventevole pietra di paragone, la quale da ognuno si de* fuggire

ome se fusse pietra di scoglio. Chi non ha oro sopraffino,

non le s’accosti; e chi anco l’ha, pur le stia lontano. Perché se ’1 vulgo overo i potenti vorranno che quello sia alchimia, pur sará e, se non sempre, almeno durante la vita degli scrittori e de’ censori loro. Troppo è casuale la piega dell’ opinion popolare e degli imperiti, e troppo è violenta ed indiscreta. S’assomiglia appunto al torrente che corre, il quale non tratta meglio gli scrigni pieni di gioie di quel che si faccia i zocchi fracidi, ma involve sottosopra in un fascio le cose preziose colle vili e communi.

Questi si fatti pericoli se fussero stati ben considerati da coloro a cui toccano, non sarebbe cresciuto in infinito il numero de’ versificatori italiani come il veggiamo essere. Ché, per mia fé, non è cittá in Italia da cento anni in qua, non terra, non castello, non villa, non borgo, il quale non abbia i suoi poeti che tutto il di scrivono rime ed epopee e tragedie pastorali e le stampano. Onde i libri son moltiplicati si smisuratamente e si fuor d’ogni termine, che solo a far catalogo de’ nomi non basterebbe un grossissimo tomo simile al Codice legale. E la fama de’ lombardi non giunga in Toscana e quella de’ toscani non si stende al Tevere, né di molti accademici romani arriva la nuova a Napoli, il quale ancor egli tien relegata dentro al giro delle proprie muraglie la nominanza de’ suoi poetucoli vani. E lo stesso, ch’avviene in Regno alla cittá madre, avviene alle cittá figliuole, se pur non peggio. Taccio di Sicilia e di Sardigna e di Corsica, isole tutte attenenti alla nazion nostrale e che nostralmente parlano ed iscrivono, dove i verseggiami son tanto incogniti che, non che l’uno non conosca l’altro, ma appena ciascuno conosce se medesimo. Atalché tutto lo scrivere poetico d’Italia altro non viene ad essere ch’uno ampio abisso d’ oblivione ed uno interminabile oceano di dimenticanza e di disprezzo. I quali inconvenienti hanno cagionato che ’l mondo s’è talmente stufo, talmente sazio e talmente svogliato, che né