Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/364

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non è lecito di fare, ma solo si falsifica la civile. E se io non ho letta questa proprietá in altri che in lui, ciò deve venir da mio difetto, il qual forse non ho tanta lettura quanta ebb’egli, con tutto che non nieghi d’avere anch’io scartafacciato la mia parte. A me però può bastar la sua sola menzione; poiché, quando essa fusse ben falsa, assai è che l’abbia mentovata uno e che sia, si come senza dubbio è, opinion superstiziosa de’ pastori, il cui costume in quell’opera s’immita al vivo, ed anco nella mia il piú ch’io so. S’io volessi trascorrere alcuni compilatori d’antichitá, mi do ad intendere che facilmente troverei di questa cosa qualche riscontro. Ma non ho tempo da gettare: faccialo chi può. E se forse V. S. non ha appieno quietatane la sua curiositá, vegga in particolare V Ornitologia dell’ Aldrovandi, la quale in tal materia può chiamarsi il libro de’ libri.

In quanto poi al suo amor cordiale che V. S. in dono m’esibisce e mi presenta, rispondo eh ’esso non è dono ma è contracambio. Poiché anch’io altrettanto amo lei quanto Ella ama me, da che ebbi relazione della sua persona (che è un pezzo) tanto virtuosa e letterata e tanto proteggitrice de’ dotti e benefica verso quelli; si che possiamo or noi dire che l’uno e l’altro di noi ami e riami a vicenda e sia insieme amante ed amato. Confesso ch’in questo baratto io abbia con V. S. qualche vantaggio, il qual procede dal poco merito mio e dal molto di lei ; mentre tanto si guadagna da me con capitai picciolo quanto da lei con grande, amando io quanto debbo ed amando Ella piú che non deve. Ma dico anco che tal disagguaglianza è tra noi raggiustabile; ed il modo è che V. S. sia quella che comandi a me e non io quello che comandi a lei, come con tanta instanza m’ha Ella richieduto ch’io faccia. Cosi V. S. mi confonderá meno ed io meno mi vergognerò, mentre vedrò che ciascun di noi abbia il suo dovere, cioè Ella in esser servita ed io in servire. Con che finisco baciando a lei le mani.

Di Matera, 15 di marzo 1640.