Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/396

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Lett. ccx (postille relative a tutta la lettera): — «Biasima il Mondo nuovo per gabbare il mondo vecchio». «Si vanta di aver composte le Smorfie» . «Dice ch’io in un foglio abbia fatto 500 errori in grammatica: grande iperbole, anzi iperbolissima» .

Lett. CLXVi: «Quanto a cotesti stracciafogli...»: — «Cioè io ed il Testi» .

Lett. cxc (postilla relativa all’ultimo capoverso): — «Si protesta che, se il Ciotti seguita a stampare il Mondo nuovo, non gli vuol dare le sue [opere] a stampare».

Lett. cxcv : «Quanto alla mutazione di servitú...»: — «Finge d’essere invitato al servigio di Parma: il che è vanitá e bugia espressa, mentre il duca Ranuccio l’odiava a morte e fece processarlo all’Inquisizione». — Ivi: «determinandomi di passare a Roma...»: — «Vuol venire a Roma per assolversi del processo dell’Inquisizione». — Ivi: «Di questa facenda si sará... cicalato per Roma»: — «Suspica che a Roma si sappia ch’egli viene per assolversi dalla Inquisizione». — Ivi: «Il re mi ha concesso... che la mia pensione sia qui pagata al mio procuratore». — «Sfionda, perché mai non ebbe pensione dal re né da nessuno».

Lett. cci (postilla relativa a tutta la lettera): — «Volendo difendere che l ’Adone sia non osceno ma tenero, arguisce che non voglia emendarlo».

Lett. ccxxxiv: «Il ...viceré è quasi ogni giorno meco..’.»: — «Sfionda, perché il viceré non va a casa di nessuno». — Ivi: «La cittá... tratta di Voler farmi una statua»: — «Sfionda, perché a’ vivi non si può fare statua publica».

Ripigliando la storia esterna dell ’epistolario del M., una terza raccolta di lettere vide la luce nel 1629 a Torino ( 0 . Si badi, per altro, che per circa due terzi si tratta di una materiale e bruttissima riproduzione della seconda raccolta dello Scaglia, della quale l’editore torinese si appropriò tutto: frontespizio, prefazione, sommarietti preposti alle lettere (date naturalmente nel medesimo disordine), ecc.; ponendovi di suo soltanto una diversa dedica, nonché molti e grossolani errori tipografici. Senonché egli ebbe la fortuna di ottenere da don Lorenzo Scoto, uno dei piú intimi amici del M., un bel gruzzolo di trenta lettere a lui dirette, tutte inedite (cxxi, cxxvi, cxxv, cxxvn, cxxvm, cxxxn, cxxxm,

CXXXV, CX LV , CXLVI, CXLVIl, CLIV, CI.XV 1 U, CLXXI, CLXXII 1 , CLXXV, CLXXX, CLXXXI, CLXXXIV, CXXXV 1 , CXXX 1 X, CXCII, CXCII 1 ,

cxciv, cxci, ceni, ccxn, ccxxn, ccxxix, ccxxhi); e queste pose in calce al suo volumetto, rispettando abbastanza (come si può

(1) Leti, del cav. M., ecc. (in Torino, appresso i Cavalleris, mdcxxix, pp. 317). Precede la dedica, firmata dagli stampatori, ad «Onorato Claretto, conseglier di Stato e primo secretario del serenissimo prencipe di Piemonte».