Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/418

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signore che aveva avuti rapporti con la corte di Mantova e quella di Torino; — d’un signore dalla «fisonontia turchesca», dalla «carnagione ebraica», dai «mostacci grandi», dalla «faccia furba», dagli «occhi gatteschi e sfavillanti»; — d’un signore che si vantava d’aver avuto gran successo a Parigi; — d’un signore che soleva profondere nelle sue lettere allo S. espressioni di sviscerata amicizia, laddove in cuor suo non lo poteva soffrire; — d’un signore che aveva comune con lo S. l’amicizia per monsieur d’Urfé; — d’un signore, infine, le cui scritture composte «da un tempo in qua, dopo la stampa delle prime Rime, son tutte quante fior di perfezione... mercé dello stil metaforuto..., dal quale è affatto sbandito tutto ciò che non fa stordire di maraviglia, strabiliare e cader morto», e cosi continuando nell’astiosa caricatura che lo S. fa del marinismo. — Ora chi non riconosce a colpo d’occhio, in tanta folla di particolari, Giambattista Marino? Allo S. egli aveva per l’appunto chiesto il ritratto! 1 ); — egli da lungo tempo raccoglieva da ogni parte quadri per la Galeria (*); — dei suoi rapporti con la corte di Mantova testimoniano le lett. xlv, lxiv, lxix, cxx, e del suo lungo soggiorno a Torino circa una quarta parte del suo epistolario; — occhi vivi, lunghi baffi, faccia furba e gli altri connotati additati dallo S. sono proprio quelli caratteristici del M.; — piene di vanterie di enorme successo sono le sue lettere scritte da Parigi; — si legga la lett. xeni al Benamati e si scorga quanto lo S. (il quale, d’altronde, ripagava il suo avversario di egual moneta) indovinasse giusto nel non credere alle proteste d’amicizia del M.; — amico del M. era appunto il D’Urfé, il quale tentò anche, ma invano, di farlo rappattumare con lo S. dopo la pubblicazione del Mondo nuovo (3) — e, finalmente, in perfetto riscontro con l’accenno non malevolo alle prime Rime, e con la fiera satira dello «stil metaforuto» (del quale il M. fa l’apologiá nella lett. cxvn, diretta proprio allo S.) si trova il fatto che nella sua campagna antimarinista lo S. lasciò ’in pace le prime Rime, delle quali dice esplicitamente altrove, come implicitamente qui, nella lett. xxxii, che gli piacevano «in gran parte» (4). Posto ciò, è chiaro che la

i) Epistolario, lett. lvi.

(2) Ivi, passim.

(3) Si veda la lett. cxxxvi del M. e la lett. xxxix dello S.

(4) Mknghini, op. cit., p. 25 w.