Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/44

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galantuomo che «Mangiar un frutto e... si può far per tutto». In contracambio io non so che mandarli di qua se non qualche cosa benedetta, come, verbigrazia, corone, medaglie ed agnusd£i. Ma dubito che V. S., essendo tutto puritá, non vorrá ricevere cose sante dalla mano di un povero peccatorello. Con tutto ciò, se io tarderò molto a venire, le ne farò parte per la commoditá del procaccio, ancorché io speri di trasferirmi costá di persona quanto prima; ed in tal caso ne sarei io stesso il portatore, massime se io avessi sicura speranza di poter riscotere il mio capitale. Ma V. S. non me ne fa piu motto, onde giudico che si sia raffreddata la buona volontá del signor Marciano e dei signori protettori del «monte».

Quanto al resto, V. S. ha mille torti a passar meco tanti complimenti di parole e a far girandole di cerimonie in qualsivoglia occorrenza. Sa la mia natura sincera e nemica di tutte le affettazioni e sa insieme gli obligln che le porto. Perciò sia certa che non lasciarò mai di servirla di buon core, non solo in detti ma in fatti, piú che non farei ad un proprio fratello; e questo li sia detto una volta per sempre.

Per amor di Dio V. S. faccia le mie scuse con il signor don Antonio Carmignano se non mi ritrovo atto al presente a servirlo, perché da un tempo in qua mi è mancata la vena e l’intelletto sta piú svogliato che svegliato né opera cosa alcuna. Iddio sa quanto volentieri impiegherei ogni mio sforzo per sodisfare a cotesto signore; ma queste sono facende che non si fanno quando l’uom vuole. Vederò di stuzzicare l’ingegno quanto posso, e forse l’autoritá del suo commandamento, congiunto alla liberalitá del suggetto, potrebbe darmi il valore come n’ho il volere, se gli sproni dorati fussero bastanti a far correr un cavallo restio. E pertanto le bacio le mani.

Di Roma [1623 o 1624].