Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/45

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ccxx

Al medesimo

Invia una copia del suo ritratto.

Accusai a V. S. la ricevuta delle rime del signor don Francesco Capece e i versi latini del signor Francesco de Petris, e all’uno e all’altro ne rendo di nuovo doppie grazie.

V. S. mi par che accenni altra lettera scrittami, dove si contenga non so che particolare del signor duca di Maddaloni e di miei ritratti. Io, se ben non l’ho ricevuta, comprendo quant a’ ritratti che ne desidera dell’altre copie, onde ne mando ur qui inclusa, ché piú non ne ho potuto avere per ora.

Mando anche a V. S. la lettera del signor abbate Caetan_ al signor Ciotto, del tenore ch’Ella mi scrisse, ed è molto calda. Piaccia a Iddio che partorisca buono effetto e di concederle ogni felicitá.

Di Roma [1623 o 1624].

CCXXI

Al medesimo


Si duole della perdita delle sue lettere e promette d’occuparsi di un affare dell’amico.

Io resto mortificatissimo intendendo che le mie lettere si perdano: a questo modo scrissi, è forse un mese, a V. S. a lungo, rallegrandomi con esso lei del nuovo ufficio del secretano, e mi diffusi in altri diversi particolari. Ora mi maraviglio come la carta non sia capitata; onde bisogna dire o che il mio servitore quando la portò alla posta se n’abbia nettato il culo, o che la puttana del postiglione se ne sia servita a farne coppo da conocchia. Orsú, non importa. Ho inteso quanto V. S. mi scrive intorno al suo negozio, e perché al presente ho fretta e non ho tempo da buttar via, le dico brevemente ch’io me ne informerò