Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/67

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prosperitá ed accioché dia una mentita a tutti coloro che mi predicano per morto. Son vivo adunque e, avendomi Ella fatto certo ch’io vivo ancora nella sua memoria e nella sua grazia, voglio pretendere di vivere tuttavia un gran pezzo alla barba degli autori di cotali invenzioni. Starò qui per tutto il mese di novembre, e poi farò ritorno alla volta di Roma, in casa del serenissimo signor Cardinal di Savoia, dove potrá V. S. indirizzarmi i suoi comandamenti. E intanto le bacio caramente le mani.

Da Napoli [estate 1624J.

ccxxxv

Ad Antonio Bruni - Roma

Si lagna di non aver lettere, e s’ informa come debba inviare alcuni libri a Roma.

Per questo procaccio non ho lettere di V. S., e pure ultimamente le scrissi e le mandai una lettera diritta al signor abbate Magnesio, perché mi favorisse di consegnarla e di ritirarne risposta. Non so se sia stata recapitata.

Ebbi risposta dal signor Preti, a cui non mi pare di replicare, per non entrare in dispute pedantesche e perché non voglio dar disgusto all’amico. Nelle prime stampe mi riserbo a dichiarare la mia intenzione.

Scrissi al signor cavalier Barbazza che mi mandasse il disegno, tal qual era, dentro un cannoncino di latta, consegnandolo al procaccio da parte mia. lo l’ho aspettato, ma non è venuto: forse avrá fatto il medesimo viaggio che fece l’altro.

Desidero che V. S. s’informi da monsignore Filonardi se posso mandare questa parte di libri che son venuti, e per qual via ed a cui debbo inviargli, e se in Roma hanno da stare in dogana infino alla mia venuta o da dipositarsi in mano d’alcuna persona particolare. Intanto non vorrei che in conto alcuno fossero aperte le balle; e se si può ottenere che si mettano in casa del signor Crescenzio, dove sono altre mie robbe, bene; se no, si trattengano pure in dogana.