Pagina:Marino Poesie varie (1913).djvu/306

Da Wikisource.
294 parte sesta

xxiii

in occasione dell’anno santo.

     O de la fida greggia unico e vero
padre e pastor, che l’universo affreni,
e le tempeste d’aquilon sereni,
de l’agitata nave alto nocchiero;
     tu che l’incarco del celeste impero
e la vece di Dio qua giú sostieni,
e cari a Roma i lieti dí rimeni,
quasi risorto in lei Cesare e Piero;
     or che l’anno felice aperto ha Giano,
e giá trionfi di tartarea guerra,
cinto di tre corone in Vaticano;
     dammi del sacro piè, chinato a terra,
baciar la croce e riverir la mano,
che le porte del Ciel serra e disserra.


xxiv

il sepolcro del tasso

     Venni ai colli latini e ’l marmo scersi,
ove del tuo gran Tasso il fral si posa;
e questi, in rimirar l’urna famosa,
fûro in urne di pianto occhi conversi.
     E dissi: — Ahi bene ha troppo onde dolersi
meco l’Italia tutta orba e dogliosa,
sepolto, e seco ogni sua luce ascosa,
il buon testor degli onorati versi!
     Sepolto, ah no, che quanto ammira e sente
il suo nome, gli è tomba, e ’l crin gli onora
nel Parnaso del ciel fregio lucente. —
     Tu, se colá n’andrai, Manso, talora,
pace eterna gli prega, e riverente
d’immortali amaranti il sasso infiora.