Pagina:Marino Poesie varie (1913).djvu/323

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versi di occasione 311

2

     Italia, ah, non temer! Non creda il mondo
ch’io mova a’ danni tuoi l’oste guerrera;
chi desia di sottrarti a grave pondo,
contro te non congiura. Ardisci e spera!
     Sete di regno, al cui desire immondo
sembra l’ampio universo angusta sfera,
turba lo stato tuo lieto e giocondo,
di mie ragioni usurpatrice altèra.
     Ma non vedran del ciel gli occhi lucenti
ch’io giá mai per timor la man disarmi,
o che deponga i soliti ardimenti.
     Se deggio, alto soggetto a bronzi e marmi,
con rai di gloria abbarbagliar le genti,
non fia giá senza gloria il trattar l’armi.


lvi

al duca di savoia

nel giorno di venerdí santo, dalle carceri.
(1612)

     Ecco, i destrieri a la perpetua mèta
per l’obliquo sentier sferzando intorno,
de l’ecclisse divina il flebil giorno
riconduce a’ mortali il gran pianeta.
     Ed io la luce sua serena e lieta
pur qui sospiro in misero soggiorno;
e ’l ciel mirar di chiari lumi adorno,
quel ch’è publico a tutti, a me si vieta.
     Deh! se pur oggi, espugnator di Morte
per liberarne altrui, l’Amore eterno
ruppe d’abisso le ferrate porte,
     perché di Cristo imitator non scerno
te, Carlo, ancor, con man pietosa e forte,
i serragli spezzar di questo inferno?