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fisiche non è stato tanto l’esperimento quanto la riforma geniale del metodo: l’aver cioè riconosciuto che l’ufficio dello scienziato non è solo nel ricevere dalla natura passivamente i suoi insegnamenti, ma anche e più nell’ordinare il materiale così ricevuto secondo principii posti dallo spirito stesso. Il merito di Kant sta nell’avere generalizzato e portato a chiara coscienza questo principio: che a costituire il mondo della nostra esperienza non entrano solo i dati del senso, ma anche elementi che hanno la loro origine nello spirito umano e che non sono elementi accidentali, ma leggi necessarie procedenti dalla costituzione essenziale del nostro spirito. Così per una rivoluzione analoga a quella di Copernico il centro di gravità è trasportato dalle cose nello spirito: non sono le cose immobili, esterne, per sè stanti che ci impongono la loro immagine, ma è il nostro spirito che secondo le leggi sue più essenziali dà al mondo delle cose quella forma e quella costituzione per cui ci appare una realtà obbiettiva governata da leggi. E così è risolta la prima questione che Kant si è proposto circa la possibilità della matematica e della scienza. Esse sono possibili come sapere obbiettivo ed assolutamente valido perchè i principii essenziali che inquadrano il sapere e gli danno il carattere dell’obbiettività e della necessità derivano dalla natura del nostro spirito conoscente in ciò che esso ha di essenziale e di comune a tutti gli uomini.

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Prima conseguenza di questo nuovo concetto del conoscere è, in Kant, una concezione della realtà decisamente idealistica. Bene avevano già ab antico i più grandi intelletti pensato che il fondamento della realtà deve essere in qualche cosa di ideale: in fondo la teoria tradizionale che considera il mondo esteriore come una creazione di Dio, cioè dello spirito, è un modo di esprimere questa verità. Ma lo stesso ricorso al concetto della creazione, cioè dell’incomprensibile, mostra che resistenza del mondo materiale era per la filosofia idealistica un problema insoluto ed un mistero. In appresso l’analisi dei filosofi empirici aveva, anche prima di Kant, condotto a vedere chiaramente che tutto ciò che noi diciamo esperienza, realtà, cose, è costruito con i materiali del nostro sentire e del nostro