Pagina:Martinetti - Saggi e discorsi, 1926.djvu/14

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gine nel dolore dell’esistenza e nel desiderio umano della liberazione; ma non ha in essi la sua unica ragione, poiché anzi è nel bisogno religioso, nel presentimento, che lo spirito ha del divino in lui immanente, che noi possiamo trovare la ragione del dolore, dell’ insoddisfazione perenne del cuore umano, che non trova quiete in nessuna cosa terrena e ne sente dolorosamente, nel suo desiderio del perfetto e dell’eterno, il carattere transitorio e finito. Quindi la totalità della vita dello spirito ci si presenta, complessivamente considerata, come un processo graduale di espansione, di liberazione, di potenziamento dello spirito, che ha per effetto la manifestazione di unità sempre più comprensive e più alte: processo che già si inizia nella stessa vita organica, la quale è l’accentramento delle innumerevoli coscienze inferiori dell’essere nostro in quella sintesi, in quella forma (per usare il termine tradizionale), che è l' anima individuale. Al disopra della vita organica si dispiega, come una vita spirituale più comprensiva, la vita morale, che ha per effetto di creare una coscienza interindividuale, una coscienza sociale superiore, che noi non possiamo vivere direttamente, ma a cui partecipiamo per mezzo della vita morale: la voce di questa coscienza superiore è l’imperativo morale. L’ultima fase di questa ascensione dello spirito è la vita religiosa, che è costituita dalla comunione dello spirito individuale con la vita universale delle cose, dalla partecipazione alla vita dello spirito universale, che in sè abbraccia la totalità assoluta dell’essere ed in cui hanno perciò riposo i desideri e le aspirazioni umane: esso è ciò che la coscienza religiosa chiama Dio.

Certamente la vita religiosa non è ancora una coscienza assoluta del divino, una partecipazione perfetta alla vita divina: appunto perciò essa è dinanzi a noi come un ideale da realizzare, come un dovere d’un ordine superiore: ma anche questo dover essere è già l’essere iniziale, la rivelazione d’una nuova forma dell’esistenza, l’alba d’una nuova vita, che si apre all’umanità al di là dei limiti dell’esistenza empirica. «Ogni sfera dell’essere, scrive Amiel, tende ad una sfera più elevata e ne ha digià rivelazioni e presentimenti. L’ideale sotto tutte le sue forme è l’anticipazione, la visione profetica di quest’esistenza superiore alla propria, verso cui ogni essere sempre aspira». Questa conversione dello spirito nell’unità spirituale suprema