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positiva e negativa della medesima verità, circa l’essenza propria, incondizionata delle cose» (W., I, 144). Tale principio è per sè evidente e necessario, anzi costituisce l’essenza medesima del nostro pensiero, sì che noi non possiamo concepire un oggetto che ad esso non obbedisca: negarlo sarebbe negare il pensiero stesso. Ma questa necessità e certezza sono lungi dall’essere semplicemente il frutto d’un’abitudine subbiettiva: perchè anzi tutta l’esperienza è in disaccordo con questo principio. Certo essa è dall’intelletto organizzata in modo da rispondervi apparentemente: ma tutti gli oggetti dell’esperienza ci si rivelano — quando li analizziamo — come combinazioni mutevoli e dipendenti da condizioni esteriori; ed anche se noi li dissolviamo per non considerare che le qualità o le energie semplici, noi troviamo sempre qualche cosa che ci costringe a conoscerle come stati di altri oggetti e così come qualche cosa che non è mai assolutamente e semplicemente se stesso. Di più il mutamento — l’unione successiva del diverso — ci mostra ben chiaramente che nessun oggetto reale, nessun elemento della realtà soddisfa alle esigenze poste dal principio della ragione. La conseguenza evidente è che questo principio non può essere che una legge a priori della ragione.

Qual’è il senso, la portata di questo principio? Esso può, dice lo Spir, venir inteso in tre estensioni diverse: come negazione della contraddizione (la coesistenza di A e di non A) o della opposizione (la coesistenza in A di due qualità diverse, dal medesimo punto di vista, p. es. del bianco e del rosso) o della molteplicità e diversità (la coesistenza in A di due qualità diverse, da due punti di vista diversi, p. es. di una certa forma e d’un certo colore). I logici in generale hanno inteso il principio di contraddizione solo nel primo senso: sebbene non vi sia tra i primi due casi altra essenziale differenza se non che nell’uno l’affermazione e la negazione dividono tutta la sfera delle possibilità in due parti che non ammettono terzo termine, mentre nell’altro tale sfera è divisa in due parti, ciascuna delle quali però esclude le altre così irremissibilmente come nel primo caso, per quanto la coscienza della loro incompatibilità non sia del pari viva e presente. Lo Spir invece vuole esteso il principio d’identità e contraddizione anche al terzo caso e cioè all’unione immediata di qualità differenti. Il pensiero volgare non vede in que-