Pagina:Martinetti - Saggi e discorsi, 1926.djvu/9

Da Wikisource.

- 9 -

dere la concezione teoretica della vita dall’apprezzamento pratico dei suoi diversi aspetti, così non è possibile non riconoscere al costante indirizzo della volontà collettiva, che si esplica nella storia dell’umanità e si rivela nelle aspirazioni del nostro spirito, un valore teoretico; onde è per noi in fondo indifferente formulare il problema sotto l’aspetto teoretico o sotto l’aspetto pratico e chiedere: Quale è l’attività umana che costituisce la realtà assoluta della vita? Quale è l’attività da cui possiamo attenderci la soppressione del desiderio, l’arrivo al fine, la pace?

Niuno ignora come una larga ed antica corrente del pensiero abbia risoluto il problema col porre come essenziali e fondamentali quelle attività, che hanno per fine diretto la conservazione e l’espansione della vita deirindividuo: in questa generica affermazione si riassumono le varie forme dell’individualismo edonistico, che, sotto vari aspetti, ha avuto così larga eco anche al tempo nostro. Ma a questa soluzione contrastano gravemente due fatti, i medesimi che già Platone nel Gorgia oppone all’edonismo di Polo e di Callide: e cioè in primo luogo resistenza nell’uomo dìi tendenze invincibili che trascendono la limitata cerchia degli interessi egoistici e sono perciò ad essi irreducibili: in secondo luogo la testimonianza della realtà stessa, che con aspre esperienze insegna all’uomo il suo fine non essere posto nella soddisfazione dei desideri individuali egoistici. Nell’uomo normale indubbiamente vive e resiste ad ogni critica un impulso che ostinatamente si ribella all’egoismo assoluto come ad una degenerazione mostruosa della natura umana, che gli fa giudicare del valore delle azioni sue e degli altri secondo un criterio ben diverso da quello della quantità maggiore o minore del godimento conseguito; e nessun utilitarismo ha mai potuto risolvere senza residuo questa tendenza, che pure è un fatto della più alta importanza, in una complicazione ed in una modificazione di tendenze egoistiche. D’altronde se vi fosse un’umanità così degradata da non sentire la voce di questo daimonion, di questo giudice interiore, resterebbe ancora sempre un altro potente argomento, il dolore. È un’antica esperienza dell’umanità che nessuna delle cose che sono sotto il cielo può dare all’uomo la pace definitiva dell’anima. L’aspirazione ardente dell’uomo è la vita: il godimento non è che intensità di vita. Ora appartiene alla natura delle cose finite di esseretra-