Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/267

Da Wikisource.

— 259 —

Siete un ragazzo tale e quale! Il mio ragazzo avrebbe più giudizio di voi, guardate!

E tutt’a un tratto, in mezzo al crocchio dei parenti che discorrevano sottovoce, si vide capitare don Ferdinando strascicando le gambe, coi capelli arruffati, la camicia aperta, il viso di un cadavere anch’esso, recando uno scartafaccio che andava mostrando a tutti quanti:

— Ecco il privilegio!... Il diploma del Re Martino... Bisogna metterlo nell’iscrizione mortuaria... Bisogna far sapere che noi abbiamo diritto di esser seppelliti nelle tombe reali... una cum regibus! Ci avete pensato alle bandiere collo stemma? Ci avete pensato al funerale?

— Sì, sì, non dubitate...

Come ciascuno evitava di impegnarsi direttamente, voltandogli le spalle, don Ferdinando andava dall’uno all’altro biascicando, colle lagrime agli occhi:

Una cum regibus!... Il mio povero fratello!... Una cum regibus!...

— Va bene, va bene, — gli rispose il marchese Limòli. — Non ci pensate.

Il barone Mèndola, che era stato a confabulare con della gente, fuori sul pianerottolo, rientrò gesticolando:

— Signori miei!... se sapeste!... Casco dalle nuvole!...