Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/324

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che glielo aveva proposto. Quando uno ha fatto la minchioneria, è meglio starsi zitto e non parlarne più, per non darla vinta ai nemici. - Nulla, nulla gli aveva fruttato quel matrimonio; nè la dote, nè il figlio maschio, nè l’aiuto del parentado, e neppure ciò che gli dava prima Diodata, un momento di svago un’ora di buonumore, come il bicchiere di vino a un pover’uomo che ha lavorato tutto il giorno, là! Neppur quello! - Una moglie che vi squagliava fra le mani, che vi faceva gelare le carezze, con quel viso, con quegli occhi, con quel fare spaventato, come se volessero farla cascare in peccato mortale ogni volta e il prete non ci avesse messo su tanto di croce, prima, quand’ella aveva detto di sì... Bianca non ci aveva colpa. Era il sangue della razza che si rifiutava. Le pesche non si innestano sull’olivo. Ella, poveretta, chinava il viso, arrivava ad offrirlo anzi, tutto rosso, per ubbidire al comandamento di Dio, come fosse pagata per farlo...

Ma egli non si lasciava illudere, no. Era villano, ma aveva il naso fino di villano pure! E aveva il suo orgoglio anche lui. L’orgoglio di quello che aveva saputo guadagnarsi, colle sue mani, tutto opera sua, quei lenzuoli di tela fine in cui dormivano voltandosi le spalle, e quei bocconi buoni che doveva mangiare in punta di forchetta, sotto gli occhi della Trao...

Almeno in casa sua voleva comandar le feste. E