Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/451

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saltò su don Gesualdo infuriato. — Vi ringrazio tanto, canonico! Non ne fo più di rivoluzioni! Bel guadagno che ci abbiamo fatto a cominciare! Adesso ci hanno preso gusto, e ogni po’ ve ne piantano un’altra per togliervi i denari di tasca. Oramai ho capito cos’è: Levati di lì, e dammi il fatto tuo!

— Vuol dire che difendete il Borbone? Parlate chiaro.

— Io difendo la mia roba, caro voi! Ho lavorato... col mio sudore... Allora... va bene... Ma adesso non ho più motivo di fare il comodo di coloro che non hanno e non posseggono...

— E allora ve la fanno a voi, capite! Vi saccheggiano la casa e tutto!

Il canonico aggiunse che veniva nell’interesse di coloro che avevano da perdere e dovevano darsi la mano, in quel frangente, pel bene di tutti... Se no, non ci avrebbe messo i piedi in casa sua... dopo il tiro che gli aveva giocato per l’appalto dello stradone...

— Scusate! Giacchè volete fare il sordo... Sapete che avete tanti nemici! Invidiosi... quel che volete... Intanto non vi guardano di buon occhio... Dicono che siete peggio degli altri, ora che avete dei denari. Questo è il tempo di spenderli, i denari, se volete salvar la pelle!

A quel punto prese la parola anche don Ninì:

— Lo sapete che ci accusano di aver fatto uccidere