Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/478

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lora i galantuomini, vociando anche loro, spingendo, tempestando, cacciarono indietro i più riottosi. Il canonico Lupi, aggrappato alla inferriata della finestra, tentava di farsi udire:

— ... maniera?... religione!... la roba altrui!... il Santo Padre!... se cominciamo... — Altre grida rispondevano dalla moltitudine: — ... eguali... poveri... tirare pei piedi!... bue grasso!... — Giacalone, onde aizzar la folla, spinse avanti i due bastardi di Diodata ch’erano nella calca, schiamazzando: — ... don Gesualdo!... se c’è giustizia!... abbandonati in mezzo a una strada!... se ne lagna anche Domeneddio!... andare a fare i conti con lui!...

Dalla piazza di Santa Maria di Gesù, dalle prime case di San Sebastiano, i vicini, spaventati, videro passare una fiumana di gente, una baraonda, delle armi che luccicavano, delle braccia che si agitavano in aria, delle facce accese e stravolte che apparivano confusamente al lume delle torce a vento. Usci e finestre si chiudevano con fracasso. Si udivano da lontano strilli e pianti di donne, voci che chiamavano: — Maria Santissima! Santi cristiani!...

Don Gesualdo era in letto malato, quando udì bussare alla porticina del vicoletto che pareva volessero buttarla giù. Poi il rombo della tempesta che sopravveniva. La sera stessa un’anima caritatevole era corsa a prevenirlo: — Badate, don Gesualdo! Ce