Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/493

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e medicine, consultava Zanni e persone che avevano segreti per tutti i mali. Ciascuno portava un rimedio nuovo, dei decotti, degli unguenti, fino la reliquia e l’immagine benedetta del santo, che don Luca volle provare colle sue mani. Non giovava nulla. L’infermo badava a ripetere: — Non è niente... un po’ di colica. Ho avuto dei dispiaceri. Domani mi alzerò...

Ma non ci credeva più neppur lui, e non si alzava mai. Era ridotto quasi uno scheletro, pelle e ossa; soltanto il ventre era gonfio come un otre. Nel paese si sparse la voce che era spacciato: la mano di Dio che l’agguantava e l’affogava nelle ricchezze. Il signor genero scrisse da Palermo onde avere notizie precise. Parlava anche d’affari da regolare, e di scadenze urgenti. Nella poscritta c’erano due righe sconsolate d’Isabella, la quale non si era ancora riavuta dal gran colpo che aveva ricevuto poco prima. Speranza, che era presente mentre il fratello s’inteneriva sulla lettera, sputò fuori il veleno:

— Ecco! Ora vi guastate il sangue, per giunta! Potreste andarvene all’altro mondo... solo e abbandonato, come uno che non ha nè possiede!... Chi vi siete trovato accanto nel bisogno, ditelo? Vostra figlia vi manda soltanto belle parole... Suo marito però va al sodo!

Don Gesualdo non rispose. Ma di nascosto, rivolto verso il muro, si mise a piangere cheto cheto.