Pagina:Matilde Serao Il ventre di Napoli.djvu/88

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dire, due piazze, due lunghi marciapiedi, sino alle otto della mattina è abbandonata ai venditori di frutta, di erbaggi, di legumi, un contrasto di fichi e di fave, di uva e di cicoria, di pomidoro e di peperoni, e un buttar acqua, sempre, uno spruzzare, uno scartare la roba fradicia; dopo le otto, quel tratto è un campo di battaglia di acque fetenti, di buccie, di foglie di cavolo, di frutta marcite, di pomidoro crepati, tanto che, come la mano fatale di mistress Macbeth, che tutte le acque dell’Oceano non potevano lavare, quel tratto di strada, via Roma, malgrado le premure degli spazzini, non arriva mai a detergersi.

Intanto il grande mercato di Monteoliveto, lì presso, resta semi-vuoto, con la malinconia dei grandi fabbricati inutili; quello di San Pasquale a Ghiaia è addirittura chiuso; il venditore napoletano non vuole andarci, vuol vendere nelle strade.

Tutto il quartiere della Pignasecca, dal largo della Carità, sino ai Ventaglieri, passando per