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La «Mandragola» di Niccolò Machiavelli | 383 |
durne di validissime per oppugnarlo. Noi vi potremmo domandare, ad esempio: sapreste voi dirci quale sia, oltre il fine estetico, l’obiettivo morale di quella meravigliosa, anzi miracolosa poesia che è il Cantico dei
Il Loise, dal canto suo, nell’opera citata, nel Livre II, 3e section, chapitre 4°, esclama, a proposito della Mandragola: «C’est Tacite et Terence dans un seul homme! Et quelle vene comique! Quel feu roulant de plaisenteries! Quelle peinture de caractères! Quelle habilité de mécanisme!» E, piangendo egli pure sulla depravazione della commedia, aggiunge che «Timothée est le cousin germain de Tartufe.»
Il Ruth nell’opera citata, libro II, parte 3ª, capitolo 2°, paragrafo 2°, parla a
lungo della Mandragola con acutezza di osservazioni e larghezza di intendimenti
critici ed estetici.
Egli pure, che ha scritto l’opera sua tanti anni prima che il De Amicis dettasse la sua tesi alla Scuola Normale di Pisa, L’imitazione classica nella Commedia italiana del XVI secolo, da me di sopra citata, egli pure, proprio come il De Amicis, opina che Fra Timoteo, a differenza del Frate Alberigo dello stesso Machiavelli e di altri Frati della commedia del cinquecento, non rappresenti una persona o una individualità, ma «i Frati tutti di quell’epoca e forse di tutti i tempi.» Anche il Ruth, come il De Amicis, osserva che Fra Timoteo «non è dei Frati il peggiore, che non è nè ipocrita, nè intrigante» e che esso, in buona fede, «non ha in mira altro guadagno che l’utile del suo convento, pel cui bene unicamente lavora.»
Ed è il Ruth che, primo, per quanto io mi sappia, ha sottilmente osservato che «si può essere quasi indotti a credere che il poeta nel ritratto del Dottor Nicia sia stato guidato inconsciamente dall’amaro ricordo della sorte del suo paese,» e che quindi nel Nicia sia simboleggiata la grassa, neghittosa e ridicola borghesia fiorentina dì quella età.
Il critico tedesco, del rimanente, si mostra egli pure caldo ammiratore della Mandragola che egli chiama ripetutamente «sublime e la sola che possa reggere nella Storia del Teatro italiano, per la finezza della satira, pei vivaci caratteri e per la efficacia della tinta comica;» e fra i caratteri il Ruth loda caldamente il Dottor Nicia, Fra Timoteo, e, in special modo, il parassita Ligurio.
Il Bougeault (Histoire des Littératures Étrangères, Paris, E. Plon et C., 1876)
a proposito del Machiavelli, scrive: «on voit que cet esprit actif et fécond portait dans tous les genres la supériorité d’une conception hardie; a la suite de Plaute, de Terence, et d’Aristophane, il se montra originai jusque dans la comédie et on l’en louerait davantage s’il n’avait sacrifié au goût du temps en y servant des tableaux et des avventures qui offensent, les moeurs.»
Il Taine, nelle sue stupende lezioni sulla Philosophie de l’Art, Paris, Hachette et C., 1881, colloca esso pure la Mandragola prima fra le migliori commedie del cinquecento.
Vito Fornari (Dell’arte del dire, Napoli, R. Marghieri, 1881) nel libro III, paragrafo 33, riconosce principi nella commedia moderna il Molière e il Goldoni, e afferma che «Niccolò Machiavelli forse fu il primo che tentò non infelicemente questa via.» E gli sian rese grazie della benignità di quel non infelicemente.
Ippolito Amicarelli, nelle sue lezioni Della lingua e dello stile italiano, Napoli, Leitemtz, 1870, nejla parte I, dice che, tra le opere letterarie del Machiavelli, «le due commedie la Mandragola e la Clizia e la novella di Belfagor sono cose in lor genere eccellentissime,»