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392 | Meditazioni di un brontolone |
Pier Luigi, bastardo di Papa Paolo; là, in mezzo a quella società, ricca di corti fastose, giulive, ospitali, abbondevole di Principi mecenati e di gloriosissimi artisti, fra lo splendore che emana dalle pitture di Leonardo,
lo precedettero nell’esame di questa commedia, come di sopra si è accennato - si personificano tutte le nequizie e le frodi e le ipocrisie dei consigli confessionali e delle suggestioni e sottigliezze di coscienze» di tutta la Chiesa cattolica a quei dì. Per il Klein in Fra Timoteo si identifica Leone X, che assiste, ridendo sgangheratamente, alla vista di quel tipo che è il suo stesso ritratto a proporzioni ridotte. Onde il Machiavelli, così implacabile flagellatore delle turpitudini morali ecclesiastiche e sociali, sforza il Klein ad esclamare: «Qual Savonarola in questo poeta comico!»
La scena dell’atto III fra Sostrata, Lucrezia e Fra Timoteo eccita all’entusiasmo il critico alemanno, che grida essere essa dovuta «ad un genio a farci ammirare il quale, a prescindere anche dal resto, basterebbe l’aver saputo mettere insieme questa stupenda scena.»
Poi, difendendo la buona fede dei consigli che Sostrata dà alla figlia, e dimenticando, in gran parte, tutto ciò che disse antecedentemente, a proposito dell’ipocrisia di Timoteo e di Tartufo, nel frate del Machiavelli vede egli pure una certa relativa buona fede.
Quindi afferma che il Machiavelli c il Lessing sono affratellati pel carattere del Principe Gonzaga nella Emilia Gallotti del drammaturgo tedesco. E, a proposito di questo capo-lavoro del Lessing, il Klein esclama: «All’infuori delle commedie dello Shakspeare noi non conosciamo altro dramma che sia basato e compenetrato di più profonda filosofia storico-umanitaria: e non conosciamo neppure alcuna commedia che, come la Mandragola, illumini così profondamente e apertamente un problema morale sociale, rappresentando la frivolezza della generale corruzione.
La scena 2ª dell’atto V, veramente mirabilissima, trae il Klein a gridare: «Impiccati Boccaccio! Davanti ad una tale scena deve abbassare le armi qualunque più sbrigliata erotica fantasia.»
E, a conclusione del suo studio, il tedesco scrive che la Mandragola «può essere da altre commedie superata in finitezza artistica, ma da nessuna in significato storico-morale e nella festività dell’ambiente e dei caratteri e da nessuna, per l’alta intonazione comica, può essere sorpassata.»
Il Dantier (Alphonse Dantier, L’Italie, Etudes historigues, XVII) parlando del Machiavelli, verso il quale non si mostra molto benevolo, scrive: «La diversité prodigieuse de ses facultés, ses connaissances aussi variées qu’étendues, la profondeur de ses vues en philosophie et en histoire, la verve incomparable qui anime ses poèmes, ses contes et ses comidies, l’éclat d’un grand style colorante portout la pensée de l’écrivain, tantôt originale et incisive, tantôt grave et magistrale, voilà qui suffirait, et au delà, à faire du secrétaire florentin un homme tout à fait hors ligne, si d’ailleurs l’école politique donc on l’a constitué le chef ne lai avait, par les doctrines immorales qu’elle a répandues, imposé la célébrité la plus déplorable.»
Perfino il Dandolo (Roma e i Papi, studi storici, filosofici, letterari e artistici, Milano, tipografia Guglielmini, 1857) nel vol. III, cap. 51, scrive: «Anche Machiavelli nella Mandragola, che per foga licenziosa rivaleggia colla Calandra, artificiò un intrigo con incontri nuovi, ridevoli, con dialogo schietto, caldo, spedito, con