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La «Mandragola» di Niccolò Machiavelli | 393 |
di Giorgione, di Raffaello e di Michelangiolo e dei cento valorosissimi che loro fanno corona, fra l’onda di poesia immaginosa, calda, lasciva che dal Morgante del Pulci dalle Stanze e del Poliziano va sino al
caratteri veri e ben si vede da qual punto sì gran maestro sogguardava e giudicava gli uomini e il disprezzo in cui li teneva.»
E sembra, così, che il Dandolo smentisca quasi ciò che, poco prima, aveva asserito, allorché, notando i pregi delle commedie dell’Ariosto, aveva dichiarato doversi queste collocare in cima a quante altre ne furono scritte in quel secolo.»
Il Nourrisson, nello studio Machiavel et son temps,
inserito nelle Séances et Travaux de l’Accadèmie des Sciences morales et politiques del 1873, 32° année, cinquième série, vol. XXIX de
la collection, loda assai la Mandragola «cette pièce d’une originalité si vive et d’une si mordante ironie, premier fruit de la veine comique, d’où devaient sortir il Frate, la Clizia, l’Entremetteuse maladroit.»
Il Fornaciari, (Disegno storico della Letteratura italiana, Lezioni di Raffaello Fornaciari Firenze, G. C. Sansoni, editore, 1877) afferma che la Mandragola, «come vince quasi tutte le commedie di quel tempo per immoralità, così forse tutte le supera, per arguta e vivace espressione de’ caratteri.»
Hermile Reynald, in un suo bellissimo studio sul Machiavelli, inserito nella Revue Nationale et Étrangère del 1867 (Tom. XXVIII), altamente plaude all’opera del nostro Fiorentino quale autore drammatico e novelliere. «Machiavel a retrouvé la comédie de caractère» dice lo scrittore francese. «La Calandra avec un intrigue des plus compliquées, ne nous offre guère que des coquins pleins de ruse et des idiote trop faciles a duper. Dans la Mandragore, au contraire, nous avons non plus des caricatures, mais des portraits fortement dessinés, et d’une vérite frappante.» E continua ad espandere, con parole altamente laudative, la sua ammirazione pei vari personaggi creati dal Machiavelli e, più specialmente, per Ligurio, per Sostrata, per Messer Nicia e per Fra Timoteo.
Il dottissimo Bertolini, in un suo elaborato studio, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, pubblicato nella Nuova Antologia, 2ª serie, vol. 36, del 1882, passando in rassegna il volume 3° della lodata opera del Villari, si mostra persuaso che li Machiavelli «fu il primo a dare la vera forma alla commedia italiana» e che «superò tutti con la sua Mandragola.»
Paolo Tedeschi in un suo scritto, contenuto nella Rivista Europea del 1874, anno V, vol. 4°, e intitolato: Machiavelli e la critica moderna, pure arrabattandosi, con un furore veramente morboso, controle infamie e le sporcizie onde egli trova piena la Mandragola e contro i critici che pretendono giustificare l’onestà degli intenti della commedia machiavelliana, non può non riconoscerne le singolari bellezze e l’originalità, quantunque affermi — asserendo senza provare — che il dialogo di questo comico componimento sia «meno vivo, meno spigliato, meno fiorentino» di quello usato nella Clizia, cosa della quale, a dire il vero, io non mi sono accorto mai.
Il Derome, nel suo stupendo studio, intitolato: Machiavel, ses doctrines et sa memoire, inserito nel Correspondunt (Tom. CXXVII de la collection, LXXXXI de la nouvelle. sèrie) riconosce che la «Mandragore est un chef d’œuvre.»
Il Rotondi, nel suo articolo bibliografico sul libro: Machiavelli e le sue opere, di Carlo Gioda, pubblicato nell’Archivio storico italiano, quantunque respinga la sentenza pronunciata dal Voltaire sulla Mandragola, sembra che sia egli pure ammiratore della commedia machiavelliana.