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Pagina:Meditazioni di un brontolone - scritti d'arte e di letteratura (IA gri 33125010115745).pdf/513

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Degli imitatori del Metastasio nel settecento 499

a sua insaputa e contro sua volontà, qualche cosa dal Metastasio. Il valoroso letterato veneziano, difatti, nello scritto critico dal titolo Le Tragedie di Vittorio Alfieri, dice: «Ma chi si facesse a paragonare lo stile dell’Alfieri e quello del Metastasio, e vi trovasse una grande rassomiglianza,, specialmente nell’espressione dei sentimenti alti e robusti? E non sarebbe da cercarne altrove la cagione che nel poco di poesia che vi ha in ambedue questi stili. Bensì in ambedue somma parsimonia, chiarezza, rilievo. Nel Metastasio poi, passando dallo stile al concetto, più vaghezza che passione, o passione a fior di pelle; quando nell’Alfieri amore e amicizia che scuotono, e direi quasi vibrano, tutta l’anima; lagrime che sgorgano meno pronte e copiose, ma da più riposta sorgente, e bru«ciano là dove passano.»[1]

Ma io non dirò questo; e, per ciò che riguarda il grande Astigiano, potrò trovare, forse, qua e là, anch’io qualche analogia o somiglianza, fra lui e il Metastasio, non certo imitazione.

Ad ogni modo, il fatto indiscutibile di questo ascendente — al quale a nessuno fu dato sottrarsi — esercitato dall’Arcadia e dal Metastasio su tutti gli scrittori del settecento e cui chiaramente accennavo io nel mio povero articolo sul Metastasio e sul Metastasismo, e di dove scaturì la critica del signor Lodi, è un fatto così evidente e irrefutabile nel campo storico e così lucido, razionale e necessario nel campo logico, che non avrebbe avuto bisogno di essere in nessuna guisa dimostrato.


  1. L. Carrer, Opere scelte, edizione citata, vol. II della Raccolta, I delle Prose, pag. 263 .