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musa etiope, che oggi ancora nei canti popolari del Tigrè e dell’Ahmara, esalta il valore del nostro eroe.

Questa gloriosa ed infelice giornata costò la vita a circa 1500 indigeni ed a 20 italiani; degli ufficiali si poterono salvare solamente i Tenenti Bodrero, Pagella e Bazzani i quali raccolsero e condussero in salvo 300 ascari1.

Giunti, sempre inseguiti alle calcagna dal nemico, a Aderà, a circa 12 Km. da Amba Alagi, trovarono il generale Arimondi, il quale, informato del disastro, dispose tosto le proprie truppe in loro aiuto, cercando di trattenere gli Scioani e sostenendo contro di essi un combattimento nel quale egli stesso corse grave pericolo di vita, essendogli stato ucciso il cavallo.

Arimondi, che disponeva di poco più di 2000 uomini, riuscì ad arrestare l’inseguimento ed a permettere che i superstiti di Amba Alagi si portassero in testa alla linea di ritirata; quindi, avvicinandosi la notte e ingrossando il nemico, si ritrasse in buon ordine verso il nord, molestato per un buon tratto dalla cavalleria galla.

In questo combattimento di Aderà si ebbero da parte nostra 1 morto e 15 feriti.

Dopo una marcia penosissima Arimondi giunse all’indomani verso le 8 a Makallè, dove, premendogli di non abbandonare quel forte munito abbondantemente di viveri e di



  1. Lasciarono la vita ai piedi dell’Amba fatale i seguenti ufficiali: il maggiore Toselli; i capitani Canovetti, Issel, Angherà, Ricci e Persico; i tenenti Mazzei, Volpicelli, Messina, Libera, Sansoni, Molinari, Bruzzi, Tiretta, Jacopetti, N. Mulazzani, Manfredini, Barale, Cariello, Battistoni. Rimase ferito e prigioniero degli Scioani il tenente Scala d’artiglieria.