Pagina:Melli - La Colonia Eritrea (1899).djvu/277

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Scioani che lo avevano già occupato, e dovette riparare obliquando e combattendo dietro un recinto a secco di un’altra altura, dove malgrado coraggiosi sforzi, venne ben presto a trovarsi in critica condizione.

Questa prima minaccia a tergo della brigata impressionò il generale Da Bormida, il quale per disimpegnare il battaglione De Amicis ed assicurarsi la via della ritirata, gli spedì in aiuto tre compagnie del 13° battaglione (Rayneri).

Gli sforzi riuniti ed i vivaci assalti del 4.° e del 13.° battaglione riuscirono allora a sloggiare dalle alture dominanti i grossi stormi nemici che vi si erano annidati, ed a ricacciarli verso il Rebbi Arienni.

E fu buona ventura, perchè se il nemico riusciva a rafforzarsi in quella posizione a tergo, mentre di fronte e sui fianchi si pronunciavano già dei poderosi attacchi avvolgenti, la brigata da Bormida sarebbe rimasta rinchiusa in un cerchio di fuoco senza alcuna speranza di salvezza.

Il combattimento che dopo i primi assalti parve languire fin verso il mezzo giorno, fu dopo quest’ora ripreso più forte ed accanito.

Una parte della nostra artiglieria si è spinta sulle alture di sinistra dove ha trovato un’ottima posizione pei suoi tiri e donde produce nel nemico che si fa più fitto delle grandi perdite. Anche il 3° battaglione già di riserva è chiamato in linea verso il centro; sulle alture di destra seconda il movimento e comincia ad impegnarsi contro masse aggiranti anche la compagnia indigena Pavesi, alla quale si sono uniti un centinaio di superstiti della compagnia del Chitet e del battaglione De Vito.