Pagina:Memini - Mia, Milano, Galli, 1884.djvu/91

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egli non insegnava ad altri, che aveva appreso, si diceva, da un certo mandriano di tori, mezzo stregone, mezzo zingaro, un pochino contrabbandiere. Può essere che non fosse tutta arte naturale. Si dubitava d'un segreto; d'una specie di malìa. Egli, per non essere seccato, lasciava che questa diceria si perpetuasse nella tenuta; forse lui stesso ignorava come gli venisse fatto di dominare a quel modo, con una specie di forza magnetica, i cavalli più indocili. Voleva! ecco tutto.

Era sempre serio, benchè non si potesse accusarlo di tetraggine o di malumore. E meglio che coi compagni, meglio che colle rusticane beltà della tenuta, egli pareva trovarsi contento nelle solitudini grandiose del piano, dove la sua compagna, quasi inseparabile, era Mia!

Mia era diventata una stupenda giumenta, celebre per la bellezza eccezionale delle sue forme, e per le qualità dell'indole propria. Quando Drollino attraversava i pascoli, cavalcando Mia anche