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arco traiano 121

si mostra proprio simigliante alla sopravveste o cocolla dei nostri monaci; ammeno che non fosse proprio il sago cucullato1 del quale terrò parola in seguito. E, come si usa da noi di rovesciare sugli omeri i lembi del mantello abbottonato al collo, per esser liberi nelle movenze delle braccia, così si mostra dalle figure del nostro quadro portarsi la descritta sopravveste.

In un sol gruppo, ma in tre piani differenti, son tre donne, tutte con in capo la mitra turrita, tutte vestite di stola, al disotto, stretta dalla solita cinta del pudore, e della sopravveste o palla, tutte con le chiome annodate graziosamente sull’occipite, tutte rivolte all’augusta Plotina. Di esse la più rilevata porta vagamente stretta al seno in naturalissima posa una fanciullina di tenerissima età, dalla veste con cintura, come l’altra che è portata dall’uomo a cavalcioni. Essa appoggia la sua destra sull’omero della madre.

Nell’angolo destro del quadro, rispetto sempre all’osservatore, sono scolpiti due grossi platani, (platanus orientalis di Linneo) evidenti per le foglie, sostenute da un lungo picciuolo, grandi, palmate, col lembo diviso in cinque lobi principali, col margine profondamente dentato. Queste piante furono molto amate dai Romani, che le portarono in Italia dall’Arcipelago Greco2; Plinio Secondo ne parla nella lettera a Caninio Rufo. Il loro gusto e trasporto per tale pianta giunse a tanto che si narra di Ortensio partirsi da Roma per recarsi ad inaffiare col vino quelli che aveva nella sua villa del Tuscolo3. Rossi ritiene erroneamente che sieno delle querce.

La presenza di quegli alberi lascia supporre che il sito scelto per la distribuzione del congiario sia stato l’aperta campagna, e non il foro, come opina Rossi, perchè vi manca qualsiasi accenno architettonico di prospettiva di quest’ultimo luogo. Ed è più probabile che sia stata scelta la prima per la ragione che niun altro imperatore estese come Traiano il congiario a tanta classe e a

  1. Aula, op. cit. pag. 42.
  2. L’Architettura del legno— Milano, B. Saldini, 1883, pag. 19 del testo.
  3. Epist. lib. 1. lett. III. e nota del traduttore alla detta lettera, nell’edizione citata.