Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/103

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atto primo 97


Siroe finora i tuoi trionfi accrebbe;
tu sai quante ferite
mi costi la tua gloria. Io sotto il peso
gemea della lorica in faccia a morte,
fra il sangue ed il sudore; ed egli intanto
traeva in ozio imbelle
fra gli amplessi paterni i giorni oscuri.
Padre, sai tutto questo, e vuoi ch’io giuri?
Cosroe. So ancor di piú. Fin del nemico Asbite
so ch’Emira la figlia
amasti a mio dispetto, e mi rammento
che sospirar ti vidi
nel dí ch’io tolsi a lui la vita e ’l regno.
Odio allor mi giurasti;
e, se Emira vivesse,
chi sa fin dove il tuo furor giungesse.
Siroe. Appaga pure, appaga
quel cieco amor che a me ti rende ingiusto.
Sconvolgi per Medarse
gli ordini di natura. Il vegga in trono
dettar leggi la Persia; e me frattanto,
confuso tra la plebe
de’ popoli vassalli,
imprimer vegga in su l’imbelle mano
baci servili al mio minor germano.
Chi sa? Vegliano i numi
in aiuto agli oppressi. Egli è secondo
d’anni e di merti, e ci conosce il mondo.
Cosroe. Infino alle minacce,
temerario, t’inoltri? Io voglio...
Medarse.  Ah, padre!
non ti sdegnare. A lui concedi il trono:
basta a me l’amor tuo.
Cosroe.  No, per sua pena
voglio che in questo di suo re t’adori:
voglio oppresso il suo fasto, e veder voglio
qual mondo s’armi a sollevarlo al soglio.