Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. I, 1912 – BEIC 1883676.djvu/137

Da Wikisource.

atto secondo 131


Cosroe. Posso sperar dal figlio
ubbidito un mio cenno? Infin ch’io parlo,
taci, e mostrami in questo il tuo rispetto.
Siroe. Fin che vuoi, tacerò; cosí prometto.
Emira. (Che dir vorrá?)
Cosroe.  Di mille colpe reo,
Siroe, tu sei. Per questa volta soffri
che le rammenti. Un giuramento io chiedo
per riposo del regno, e tu ricusi:
ti perdono, e t’abusi
di mia pietá. Mi fa palese un foglio
che v’è tra’ miei piú cari un traditore;
e, mentre il mio timore
or da un lato, or dall’altro erra dubbioso,
io veggo te nelle mie stanze ascoso.
Che piú? Medarse istesso
scopre i tuoi falli...
Siroe.  E creder puoi veraci...
Cosroe. Serbami la promessa: ascolta e taci.
Emira. (Misero prence!)
Cosroe.  Ognun di te si lagna.
Hai sconvolta la reggia; alcun sicuro
dal tuo fasto non è; Medarse insulti;
tenti Laodice e la minacci; Idaspe
infin sugli occhi miei svenar procuri.
Né ti basta. I tumulti a danno mio
ne’ popoli risvegli...
Siroe.  Ah! son fallaci...
Cosroe. Serbami la promessa: ascolta e taci.
Vedi da quanti oltraggi
quasi sforzato a condannarti io sono;
e pur tutto mi scordo e ti perdono.
Torniam, figlio, ad amarci: il reo mi svela
o i complici palesa. Un padre offeso
altra emenda non chiede
dall’offensor che pentimento e fede.