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atto primo 13


SCENA VI

Iarba, Osmida e Araspe.

Iarba. Araspe, alla vendetta! (in atto di partire)
Araspe. Mi son scorta i tuoi passi.
Osmida.  Arbace, aspetta.
Iarba. (Da me che bramerá?)
Osmida.  Posso a mia voglia
libero favellar?
Iarba.  Parla.
Osmida.  Se vuoi,
m’offro agli sdegni tuoi compagno e guida.
Didone in me confida,
Enea mi crede amico, e pendon l'armi
tutte dal cenno mio. Molto potrei
a’ tuoi disegni agevolar la strada.
Iarba. Ma tu chi sei?
Osmida.  Seguace
della tiria regina, Osmida io sono.
In Cipro ebbi la cuna,
e il mio core è maggior di mia fortuna.
Iarba. L’offerta accetto; e, se fedel sarai,
tutto in mercé, ciò che domandi, avrai.
Osmida. Sia del tuo re Didone, a me si ceda
di Cartago l’impero.
Iarba.  Io tel prometto.
Osmida. Ma chi sa se consente
il tuo signore alla richiesta audace?
Iarba. Promette il re quando promette Arbace.
Osmida. Dunque...
Iarba.  Ogni atto innocente
qui sospetto esser può: serba i consigli
a piú sicuro loco e piú nascoso.
Fidati: Osmida è re, se Iarba è sposo.