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374 v - alessandro nell'indie

SCENA XIII [XII]

Cleofide e detti.

.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
Alessandro. .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
Timagene, alle navi
tornino que’ tesori. (Timagene si ritira)
Cleofide.  Il tuo comando
anch’io deggio eseguir; ché a me non lice
miglior sorte sperar de’ doni miei:
piú di quegli importuna io ti sarei. (in atto di partire)
Alessandro. Troppo male, o regina,
interpreti il mio cor. Siedi e ragiona.
Cleofide. Ubbidirò. (siedono)
Alessandro.  (Che amabile sembianza!)
Cleofide. (Mie lusinghe, alla prova!)
Alessandro.  (Alma, costanza!)
Cleofide. In faccia ad Alessandro
mi perdo, mi confondo, e, non so come,
le meditate innanzi
suppliche fra’ miei labbri io non ritrovo;
e nel timor che provo,
or che d’appresso ammiro
la maestá de’ sguardi suoi guerrieri,
scuso il timor de’ soggiogati imperi.
Alessandro. (Detti ingegnosi!)
Cleofide.  A te, signor, non voglio
rimproverar le mie sventure, e dirti
le cittá, le campagne
desolate e distrutte, il sangue, il pianto,
onde gonfio è l’Idaspe. Ah! che da queste
immagini funeste
d’una miseria estrema
fogge il pensiero, inorridisce e trema.
Sol ti dirò ch’io non avrei creduto
che venisse Alessandro
dagli estremi del mondo a’ nostri lidi,
per trionfar con l’armi