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394 v - alessandro nell'indie

SCENA VI [IV]

Alessandro, poi Timagene.

Alessandro. Per qual via non pensata
mi scopre il cielo un traditor! Ma viene
l’infido Timagene. Io non comprendo
come abbia cor di comparirmi innanzi.
Timagene. Mio re, so che poc’anzi
di me chiedesti. Ho prevenuto il cenno:
le ribellanti schiere
ricomposi e sedai. Le regie nozze
puoi lieto celebrar.
Alessandro.  Non è la prima
prova della tua fé. Conosco assai,
Timagene, il tuo cor; né mai mi fosti
necessario cosí, come or mi sei.
Timagene. Chiedi. Che far potrei,
signor, per te? Pugnar di nuovo? Espormi
solo all’ire d’un campo?
Tutto il sangue versar? Morir si deve?
Alla mia fede ogni comando è lieve.
Alessandro. No, no. Solo un consiglio
da te desio. V’è chi m’insidia; è noto
il traditore, e in mio poter si trova;
non ho cor di punirlo,
perché amico mi fu. Ma il perdonargli
altri potrebbe a questi
tradimenti animar. Tu che faresti?
Timagene. Con un supplicio orrendo
lo punirei.
Alessandro.  Ma l’amicizia offendo.
Timagene. Ei primiero l’offese,
e indegno di pietá costui si rese.
Alessandro. (Qual fronte!)
Timagene.  Eh! di clemenza
tempo non è. La cura
lascia a me di punirlo. Il zelo mio
saprá nuovi stromenti