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atto terzo 145

SCENA III

Artabano con séguito di congiurati, poi Megabise, tutti da’ cancelli, a guardia de’ quali restano i congiurati.

Artabano. Figlio, Arbace, ove sei? Dovrebbe pure
ascoltar le mie voci. Arbace? Oh stelle!
Dove mai si celò? Compagni, intanto
ch’io ritrovo il mio figlio,
custodite l’ingresso. (entra fra le scene a mano destra)
Megabise.  E ancor si tarda? (ai congiurati)
Ormai tempo saria... Ma qui non vedo
né Artabano né Arbace.
Che si fa? che si pensa? In tanta impresa
che lentezza è mai questa?
Artabano! Signore! (entrando fra le scene a mano sinistra)
Artabano.  Oh me perduto!
(uscendo dall’istesso lato pel quale entrò, ma da strada diversa)
Non trovo il figlio mio. Gelar mi sento.
Temo... Dubito... Ascoso...
Forse in quest’altra parte io non invano...
Megabise!
(incontrandosi in Megabise, che esce dall’istesso lato pel quale entrò, ma da strada diversa)
Megabise.  Artabano!
Artabano. Trovasti Arbace?
Megabise.  E non è teco?
Artabano.  Oh dèi!
Crescono i dubbi miei.
Megabise.  Spiégati, parla:
che fu d’Arbace?
Artabano.  E chi può dirlo? Ondeggio
fra mille affanni e mille