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8 xvi - temistocle


da quelle mura istesse

che il tuo sangue serbò; trovi per tutte
della patria inumana
l’odio persecutor che ti circonda,
che t’insidia ogni asilo, e vuol ridurti
che a tal segno si venga,
che non abbi terren che ti sostenga;
e lagnar non t’ascolto!
e tranquillo ti miro! Ah! come puoi
soffrir con questa pace
perversitá sí mostruosa?
Temistocle.   Ah! figlio,
nel cammin della vita
sei nuovo pellegrin: perciò ti sembra
mostruoso ogni evento. Il tuo stupore
non condanno però: la meraviglia
dell’ignoranza è figlia
e madre del saper. L’odio, che ammiri,
è de’ gran benefizi
la mercé piú frequente. Odia l’ingrato,
e assai ve n’ha, del benefizio il peso
nel suo benefattor; ma l’altro in lui
ama all’incontro i benefizi sui.
Perciò diversi siamo:
quindi m’odia la patria, e quindi io l’amo.
Neocle. Se solo ingiusti, o padre,
fosser gli uomini teco, il soffrirei;
ma con te sono ingiusti ancor gli dèi.
Temistocle. Perché?
Neocle.   Di tua virtú premio si chiama
questa misera sorte?
Temistocle.   E, fra la sorte
o misera o serena,
sai tu ben quale è premio e quale è pena?
Neocle. Come?
Temistocle.   Se stessa affina