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atto terzo 177


SCENA ULTIMA

Regolo, e seco tutti.

Regolo. «Regolo resti»! Ed io l’ascolto! ed io

creder deggio a me stesso! Una perfidia
si vuol! si vuole in Roma!
si vuol da me! Quai popoli or produce
questo terren! Sí vergognosi voti
chi formò? chi nudrilli?
dove sono i nepoti
de’ Bruti, de’ Fabrizi e de’ Camilli?
«Regolo resti»! Ah! per qual colpa e quando
meritai l’odio vostro?
Licinio.   È il nostro amore,
signor, quel che pretende
franger le tue catene.
Regolo.   E senza queste
Regolo che sará? Queste mi fanno
de’ posteri l’esempio,
il rossor de’ nemici,
lo splendor della patria; e piú non sono,
se di queste mi privo,
che uno schiavo spergiuro e fuggitivo.
Licinio. A perfidi giurasti,
giurasti in ceppi; e gli áuguri...
Regolo.   Eh! lasciamo
all’Arabo ed al Moro
questi d’infedeltá pretesti indegni.
Roma a’ mortali a serbar fede insegni.
Licinio. Ma che sará di Roma,
se perde il padre suo?
Regolo.   Roma rammenti
che il suo padre è mortal, che alfin vacilla