Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/275

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atto secondo 269


lo conosco, lo so. Voglio appagarti:

perciò parto da te. (come sopra)
Ipermestra.   Senti, e poi parti.
Linceo. E ben, che brami?
Ipermestra.   Io non pretendo... (Oh Dio!
mi mancano i respiri.) Io la tua morte
non pretendo, non chiedo; anzi t’impongo
che tu viva, Linceo.
Linceo.   Tu vuoi ch’io viva?
Ipermestra. Sí.
Linceo.   Ma perché?
Ipermestra.   Perché, se mori... Ah! parti,
non tormentarmi piú.
Linceo.   Che vuol dir mai
cotesta smania tua? Direbbe forse
che il mio stato infelice...
Ipermestra. Dice sol che tu viva; altro non dice.
Linceo. Ma, giusti dèi! tu vuoi che viva, e vuoi
dal cor, dagli occhi tuoi ch’io vada in bando?
E che deggio pensar?
Ipermestra.   Ch’io tel comando.
Linceo.   Ah! se di te mi privi,
     ah! per chi mai vivrò?
Ipermestra.   Lasciami in pace, e vivi,
     altro da te non vuo’.
Linceo.   Ma qual destin tiranno?...
Ipermestra.   Parti: nol posso dir.
A due.   Questo è morir d’affanno
     senza poter morir!

(ciascuno da sé)  Deh! serenate alfine,
     barbare stelle, i rai:

     ho giá sofferto ormai
     quanto si può soffrir. (partono)