Pagina:Metastasio, Pietro – Opere, Vol. IV, 1914 – BEIC 1885923.djvu/35

Da Wikisource.

atto secondo 29


giá ricchezze ed onori,

giá trionfi ed allori
teco adunar, teco goderne e teco
passar d’Alcide i segni,
i regi debellar, dar legge a’ regni.
Temistocle. Non tanta ancor, non tanta
fiducia, o Neocle. Or nell’ardire eccedi,
pria nel timor. Quand’eran l’aure avverse,
tremavi accanto al porto: or che seconde
si mostrano un momento,
apri di giá tutte le vele al vento.
Il contrario io vorrei. Questa baldanza,
che tanto or t’avvalora,
è vizio adesso, era virtude allora:
e quel timor, che tanto
prima ti tenne oppresso,
fu vizio allor, saria virtude adesso.
Neocle. Ma che temer dobbiamo?
Temistocle. Ma in che dobbiam fidarci? In quei tesori?
D’un istante son dono:
può involarli un istante. In questi amici,
che acquistar giá mi vedi? Eh! non son miei:
vengon con la fortuna, e van con lei.
Neocle. Del magnanimo Serse
basta il favore a sostenerci.
Temistocle.   E basta
l’ira di Serse a ruinarne.
Neocle.   È troppo
giusto e prudente il re.
Temistocle.   Ma un re sí grande
tutto veder non può. Talor s’inganna,
se un malvagio il circonda;
e di malvagi ogni terreno abbonda.
Neocle. Superior d’ogni calunnia ormai
la tua virtú ti rese.
Temistocle.   Anzi lá, dove